Nuova amara certificazione dell’Istat sullo stato di salute dell’economia italiana. Mentre crolla la produzione industriale e il pil si inabissa con un calo del 2,4% su base annua nel terzo trimestre dell’anno, l’Istituto nazionale di statistica certifica che il 28,4% degli italiani è a rischio povertà o di esclusione sociale. Il dato si riferisce al 2011 ed evidenzia una crescita dell’indicatore del tasso di povertà del 2,6% rispetto all’anno precedente. Le persone a rischio povertà sono aumentate al 19,6% dal 18,2%, le persone che soffrono di pesante deprivazione all’11,1% dal 6,9%.
Le persone deprivate sono quelle che si trovano in una condizione di involontaria incapacità di sostenere spese per determinati beni o servizi, come il pagemento delle bollette, l’affitto, la rata del mutuo, riscaldamento inadeguato, incapacità di affrontare spese impreviste, non potersi permettere l’automobile. Al sud il fenomeno della deprivazione è più del doppio rispetto al centro e il triplo rispetto al nord.
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Il rischio di povertà o di esclusione sociale è maggiore della media europea, ferma al 24,2%. I dati Istat sono impietosi dal lato della deprivazione. Infatti, è in aumento il numero di italiani che non riescono a riscaldarsi adeguatamente (al 17,9% dall’11,2%) oppure di coloro che non riescono a sostenere spese impreviste di 800 euro (al 38,5% dal 33,3%). Le famiglie italiane più esposte a questo rischio sono quelle più numerose e a basso reddito.
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In base ai dati sul reddito del 2010, iI rischio povertà è maggiore nel Mezzogiorno. Il 50% delle famiglie ha percepito un reddito netto non superiore ai 24.440 euro l’anno (ovvero poco più di 2.000 euro al mese). Nel sud e nelle isole metà delle famiglie percepisce poco meno di 20.000 euro l’anno (ovvero circa 1.665 euro mensili).