Convenienza cedolare secca per gli affitti

L’aumento delle tasse ordinarie sugli affitti dovrebbe rilanciare la cosiddetta “cedolare secca”. Introdotta dall’articolo 3 del D.Lgs. 23/2011 sul federalismo municipale, si applica alle locazioni abitative effettuate da persone fisiche, con aliquota al 21% in caso di contratti liberi e al 19% in caso di canone concordato. Va a sostituire l’Irpef, le addizionali, l’imposta di registro e di bollo. Ora se passerà il progetto di finanziare la riforma del lavoro riducendo dal 15% al 5% lo sconto forfettario dell’imponibile Irpef sui redditi di locazione, la tassa piatta avrà maggiore appeal tra i proprietari di case.

Oggi chi affitta una casa con un contratto libero “4+4” paga l’Irpef (con aliquote variabili dal 23% al 43%) sull’85% del canone pattuito, piuttosto che sul 100%. La riduzione considera le spese sostenute dal proprietario, come la manutenzione dell’immobile. Ora chi sceglie la cedolare secca paga l’aliquota del 21% sul 100% del canone, non paga le addizionali comunali e regionali Irpef, l’imposta di registro, né il bollo, ma deve rinunciare ad aggiornare il canone all’indice Istat.

MODELLO 730 PER DICHIARAZIONE REDDITI 2011

Questo vuol dire che siamo al 3,2% su base annua, secondo quanto rilevato a marzo. Praticamente con il taglio della deduzione Irpef al 5%, soltanto alle persone fisiche con i redditi più bassi sarà conveniente non passare alla “tassa piatta”. Infatti, considerando tutte le variabili in gioco, la cedolare risulta vantaggiosa per tutta la durata dl contratto solo a partire dal terzo scaglione Irperf, cioè i redditi annui superiori a 28.000 euro.

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