A volte capita che un risparmiatore – dietro la pressione e la consulenza in conflitto di interesse del venditore/assicuratore – stipuli un contratto assicurativo sulla vita, per poi accorgersi che le clausole previste non siano particolarmente favorevoli. Diciamo subito che c’è la possibilità di recedere dal contratto. E il tutto in un arco di tempo piuttosto ristretto: 30 giorni. Il diritto di recesso in ambito assicurativo è regolato dall’articolo 177 del Codice delle Assicurazioni, in base a quanto contenuto nel Decreto Legislativo 209/2005.
L’articolo recita in questo modo: “Il contraente può recedere da un contratto individuale di assicurazione sulla vita entro 30 giorni dal momento in cui ha ricevuto comunicazione che il contratto è concluso”. Insomma, in gioco non rientratno le variabili come la stipula del contratto in sede o fuori sede o la figura del collocatore (promotore finanziario, agente assicurativo, addetto bancario). Il tutto è legato al contratto stesso di assicurazione sulla vita.
► DIRITTO DI RECESSO DAI CONTRATTI DI INVESTIMENTO
Questa possibilità infatti non vale per i contratti assicurativi ramo danni, in quanto l’articolo 177 summenzionato è relativo solo alle assicurazioni sulla vita con durata pari o superiore a 6 mesi. Intanto una recente sentenza del Tribunale di Parma (n. 1107/2010 del primo giugno 2010) ha messo in dubbio l’impignorabilità dei contratti assicurativi sulla vita, nonostante nel contratto fosse specificata l’insequestrabilità e l’impignorabilità.
Tutto ruota attorno alla natura del contratto: la polizza assicurativa non è pignorabile; il contratto finanziario è invece pignorabile. In attesa di nuovi gradi di giudizio, è stato deciso che i contratti assicurativi sulla vita sono impignorabili e insequestrabili in fase di accumulo del capitale e in fase di erogazione della prestazione. Si tratta di una variabile che rende questi contratti molto appetibili, senza contare l’esenzione da imposte di successione.