400mila italiani esposti al rischio default Argentina

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Ancora una volta l’Argentina rischia di non far dormire sonni tranquilli ai risparmiatori italiani, come già accaduto dodici anni fa

Ancora una volta l’Argentina rischia di non far dormire sonni tranquilli ai risparmiatori italiani, come già accaduto dodici anni fa. Il paese sudamericano, che ha una lunga storia di svalutazioni e fallimenti nonostante le enormi potenzialità economico-finanziarie, potrebbe nuovamente dichiarare lo stato di default sul proprio debito verso gli investitori esteri. Per capire cosa sia successo al paese latinoamericano bisogna andare indietro nel tempo, a novembre scorso, quando un giudice di New York diede ragione a un gruppo di hedge funds, che chiedevano il rimborso totale dei bond finiti in default.

Nel 2005 questi fondi speculativi americani non avevano accettato l’offerta di Buenos Aires di scambiare i vecchi titoi con i nuovi, con una perdita sul capitale del 66%. Quindi ora, dopo la sentenza, l’Argentina dovrebbe restituire 1,3 miliardi di dollari. Il giudice ha anche vietato il rimborso dei nuovi titoli, bloccando così sia tutti i rimborsi sia il pagamento interessi. A inizio aprile scorso l’Argentina ha avanzato una proposta per chiudere il caso.

TITOLI DI STATO ITALIANI NON SONO PIU’ SICURI?

L’idea è quella di rimborsare gli obbligazionisti alle stesse condizioni prospettate già nel 2005. Si tratta di un concambio a scelta tra obbligazioni Par 2038 e obbligazioni Discount 2022. La Corte americana dovrà pronunciarsi a breve. Qual è il rischio? In caso di scenario avverso, le cose si metterebbero male per quei 400mila italiani che nel 2005 e nel 2010 accettarono di scambiare i vecchi titoli in default con quelli nuovi.

INVESTIRE IN TITOLI DI STATO A RISCHIO QUASI NULLO

Un rimborso integrale dei bond aprirebbe nuovamente il worst case con lo spettro del default per l’Argentina. La tensione si sta già avvertendo sui mercati dei capitali, con i bond argentini denominati in dollari scadenza 2033 (i più liquidi di tutti) crollati a inizio aprile fino a quota 53 e quindi con il rendimento del ventennale balzato quasi al 17%. Un default tecnico sembra possibile in caso di sentenza avversa della Corte americana, anche se il paese mostra la volontà e la capacità di pagare i creditori.

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